EUROPA – L’Unione Europea si prepara a una mossa strategica e complessa per sostenere l’Ucraina, puntando sull’utilizzo dei 210 miliardi di euro di asset russi congelati come garanzia per un prestito cruciale. Questa iniziativa, pur rappresentando appena l’1% del PIL dell’eurozona, viene inquadrata come “emergenza economica” per aggirare il meccanismo del voto unanime tra gli Stati membri, un ostacolo spesso insormontabile a causa del potenziale veto ungherese. La clausola d’emergenza permette all’UE di confermare le sanzioni alla Russia a maggioranza, bloccando di fatto i beni e fornendo una leva finanziaria vitale per Kiev, che altrimenti rischierebbe il collasso finanziario nei prossimi mesi. Questa azione non ĆØ solo una risposta alla crisi in Ucraina, ma anche un tentativo di riaffermare l’autonomia europea di fronte alle crescenti pressioni, soprattutto quelle provenienti da potenziali cambiamenti politici negli Stati Uniti.
La scorciatoia UE per salvare l’Ucraina
Nonostante la retorica sull’emergenza, la proposta riflette un profondo scollamento tra gli impegni dichiarati e la reale disponibilitĆ economica dei cittadini europei. Mentre la maggioranza degli europei esprime solidarietĆ con Kiev, i sondaggi mostrano una riluttanza diffusa ad aumentare i contributi nazionali per l’aiuto. Questa situazione ha portato a un calo degli aiuti per l’Ucraina e a notevoli disparitĆ tra i Paesi, con l’Italia e la Spagna che, ad esempio, hanno fatto molto meno rispetto a nazioni come Francia, Germania o Regno Unito. L’utilizzo degli asset russi congelati diventa cosƬ una soluzione “appetibile”, quasi un salvagente, per fornire il necessario sostegno senza gravare ulteriormente sui budget nazionali giĆ risicati. Tuttavia, il piano solleva preoccupazioni legali, in particolare in Belgio dove sono custoditi gran parte dei fondi (Euroclear), che teme ritorsioni russe, complicando la via giuridica scelta da Bruxelles.














