RUSSIA – La storia della Russia contemporanea è segnata da una serie inquietante di eventi che hanno colpito i principali oppositori del presidente Vladimir Putin. Negli ultimi due decenni, numerosi dissidenti, giornalisti, oligarchi e attivisti per i diritti umani hanno pagato con la vita o la libertà il loro dissenso verso il regime del Cremlino. Questi casi, che spaziano da misteriosi avvelenamenti a incidenti sospetti, fino a omicidi in pieno giorno, delineano un quadro preoccupante della repressione politica in Russia. L’ultimo caso eclatante è quello di Alexei Navalny, il principale oppositore politico di Putin, morto il 16 febbraio 2024 nella colonia penale artica di Kharp. Il decesso del leader dell’opposizione, ufficialmente attribuito a un malore seguito da trombosi, ha suscitato indignazione internazionale e sospetti sulla reale causa della morte. Navalny, che aveva già subito un tentativo di avvelenamento con l’agente nervino Novichok nel 2020, era stato condannato a 19 anni di carcere in quello che molti osservatori consideravano un processo politico. La sua morte rappresenta l’epilogo tragico di una carriera dedicata alla lotta contro la corruzione e l’autoritarismo del regime putiniano.
L’escalation di violenza
La lista delle vittime illustri include figure di spicco come Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner, morto nell’agosto 2023 in un misterioso incidente aereo. L’ex alleato di Putin, diventato suo nemico dopo la fallita marcia su Mosca, sembra aver ricevuto quella “punizione esemplare” di cui il presidente russo aveva parlato. Tra le vittime più simboliche figura Boris Nemtsov, ex vice primo ministro assassinato nel 2015 con un colpo di pistola mentre camminava su un ponte di Mosca, nelle immediate vicinanze del Cremlino. La sua colpa era stata quella di criticare apertamente l’annessione della Crimea. Altrettanto tragico è il caso di Alexander Litvinenko, ex agente del KGB avvelenato nel 2006 a Londra con il polonio radioattivo, dopo aver bevuto una tazza di tè offerta da due ex colleghi. Il mondo del giornalismo ha pagato un prezzo particolarmente alto, con figure come Anna Politkovskaya, reporter di Novaya Gazeta uccisa nel 2006 proprio nel giorno del compleanno di Putin. La sua colpa era stata quella di denunciare la gestione russa della situazione in Cecenia attraverso il suo libro “La Russia di Putin”. Anche Anastasia Baburova, altra giornalista della stessa testata, fu assassinata nel 2009 insieme all’avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov. Questi casi evidenziano come la libertà di stampa e di espressione siano diventate pericolose in Russia, dove il dissenso viene sistematicamente represso attraverso l’intimidazione e, nei casi più estremi, l’eliminazione fisica degli oppositori.