IMPRESA – Il gigante alimentare svizzero Nestlé è stato scosso da un tracollo improvviso che, in sole due settimane, ha costretto alle dimissioni sia l’amministratore delegato, Laurent Freixe, sia il presidente uscente, Paul Bulcke. Lo scandalo è emerso con la rivelazione di una relazione segreta tra Freixe e una sua diretta dipendente, un evento che ha profondamente turbato un conglomerato con 159 anni di storia e radicato nel conservatorismo elvetico. Nonostante la consueta grinta, il tentativo di Bulcke di minimizzare la situazione, parlando di una sua scelta per il “futuro”, non ha convinto i quasi 277.000 dipendenti. La gestione della crisi da parte del Consiglio di Amministrazione (CdA), accusato di una cultura aziendale accomodante e di inerzia rispetto ai concorrenti, ha lasciato sconcertato l’establishment imprenditoriale svizzero. La gravità dell’accaduto è amplificata dal ruolo di Nestlé come icona elvetica e maggiore società della borsa svizzera. La crisi solleva interrogativi sulla governance e sulla necessità di un cambiamento radicale ai vertici, simboleggiato dall’arrivo della nuova coppia Philipp Navratil (AD) e Pablo Isla (Presidente).
Il tracollo improvviso di Nestlé
La crisi di leadership si inserisce in un contesto di risultati deludenti e di un più ampio crollo del prezzo delle azioni, sceso da 120 franchi nel 2022 a poco più di 70 franchi, riflettendo la frustrazione degli investitori. La crescita delle vendite ha subito una frenata a causa della reazione della clientela all’impennata dei prezzi dovuta all’inflazione, mentre l’indebitamento netto del gruppo è quasi raddoppiato dal 2020. Gli investitori lamentano da tempo un’eccessiva lentezza nell’adottare misure per concentrarsi sui marchi principali e migliorare i rendimenti, come hanno fatto competitor come Unilever e Kraft Heinz. La bufera in Nestlé riflette una resa dei conti globale con il modello del conglomerato multinazionale, che i mercati faticano a ritenere gestibile in settori estremamente diversi. L’analista di Jefferies, David Hayes, si chiede apertamente se Nestlé, con migliaia di marchi e un quarto di milione di dipendenti, sia semplicemente “troppo grande” per consentire un controllo efficace al suo interno, sfidando l’identità onnicomprensiva a cui il campione nazionale svizzero si è finora aggrappato. La revisione della strategia e della cultura aziendale è ora imperativa per rassicurare il mercato e i dipendenti.