MONDO – La crisi in Sudan precipita drammaticamente, confermandosi come la più grave a livello mondiale. L’escalation raggiunge il suo apice con la caduta di El Fasher, capitale del Darfur settentrionale, nelle mani delle Forze di Supporto Rapido (RSF) dopo un assedio di 18 mesi. Le Nazioni Unite denunciano con estrema preoccupazione le atrocità e le esecuzioni sommarie di civili disarmati in fuga, spesso motivate da ragioni etniche, un eco agghiacciante delle stragi già avvenute a Geneina. La comunità internazionale, inclusa l’UE, invoca una “riduzione dell’escalation” in un contesto dove le notizie sono difficilmente verificabili e le comunicazioni Starlink sono interrotte, lasciando la città in un “blackout totale”.
L’allarme ONU su violenze etniche e uccisioni di massa
L’Ufficio per i diritti umani dell’ONU ha ricevuto allarmanti segnalazioni di violenze diffuse commesse dalle RSF, evidenziando in particolare “esecuzioni sommarie di civili che tentavano di fuggire” e “violenza sessuale diffusa contro donne e ragazze”. L’Onu teme un aumento esponenziale delle violazioni e atrocità motivate da ragioni etniche, dato che El Fasher era diventata uno dei principali fronti di guerra tra le RSF e l’esercito regolare. Il conflitto ha causato la fuga di oltre un milione di persone, con centinaia di migliaia intrappolate senza aiuti. La presa di El Fasher e il ritiro dell’esercito accentuano la catastrofe umanitaria, spingendo migliaia di civili a cercare disperatamente rifugio.














