ARTICO – L’Artico sta emergendo come la regione geopolitica più cruciale del XXI secolo, spinta principalmente dagli effetti drammatici del cambiamento climatico. Lo scioglimento accelerato dei ghiacci non solo solleva urgenti questioni ambientali, ma sta anche sbloccando l’accesso a immense riserve di idrocarburi, minerali rari e ad altri tesori del sottosuolo, rendendo l’area di vitale interesse economico per gli Stati costieri (Russia, Canada, USA, Norvegia, Danimarca) e per potenze esterne come la Cina. Parallelamente, si aprono nuove rotte di navigazione commerciale (come il Passaggio a Nord-Ovest e la Rotta Marittima Settentrionale) che ridisegnano le catene di approvvigionamento globali, accorciando significativamente i tempi di viaggio tra Oriente e Occidente. Questa congiunzione di opportunità economiche e nuove possibilità logistiche innesca una crescente competizione e militarizzazione, minacciando il modello storico di cooperazione internazionale e pace che ha caratterizzato la regione finora.
Dalla cooperazione alla competizione: ritorno alla logica di potenza
Per decenni, l’Artico è stato un esempio unico di multilateralismo e dialogo, fedele al diritto internazionale e centrato sulla protezione ambientale e delle popolazioni indigene. Tuttavia, questa “eccezionalità” è oggi messa a dura prova da uno spill-over delle tensioni sistemiche globali, in particolare tra la Russia e gli Stati NATO, e dalla rinnovata attenzione di attori non artici. Il timore è che l’incremento di attività militari e l’accentuata enfasi sulle questioni di hard security (sicurezza militare) possano compromettere la governance pacifica e trasparente che ha prevalso. La regione, un tempo rifugio dalle logiche di potenza, si trova ora al centro di una dinamica che vede gli Stati Artici riaffermare la loro sovranità e intensificare gli investimenti strategici, trasformando la cooperazione storica in una sottile e complessa competizione strategica per il controllo e l’influenza.














