EGITTO – La tensione tra Etiopia ed Egitto ha raggiunto un nuovo picco in merito alla controversa grande diga sul Nilo inaugurata da Addis Abeba a settembre 2025. Il Cairo teme che l’opera ridurrà drasticamente l’apporto idrico vitale per il Paese del delta, alimentando una crisi diplomatica che sta coinvolgendo anche le Nazioni Unite. Con una nota ufficiale, il Ministero degli Esteri etiope ha reagito alle proteste egiziane accusando Il Cairo di tentare di destabilizzare l’intero Corno d’Africa con l’obiettivo di mantenere un monopolio “coloniale” sulle acque del fiume. Addis Abeba ha liquidato il ricorso egiziano ai “diritti storici” come un “metodo obsoleto” tipico di una mentalità che mira a creare stati dipendenti e frammentati. L’Etiopia, che sottolinea come l’86% delle acque del Nilo abbia origine dai suoi altopiani, considera la diga un simbolo di orgoglio nazionale e uno strumento indispensabile per l’elettrificazione del Paese.
La crisi diplomatica si infiamma per la gestione delle acque del fiume, mettendo a rischio la stabilità regionale
La risposta egiziana non si è fatta attendere. Il Ministro degli Esteri Badr Abdelatty ha bollato le iniziative etiopi come una minaccia diretta alla pace africana e alla stabilità regionale. Subito dopo l’inaugurazione della diga, l’Egitto ha presentato una protesta formale al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, definendo l’operazione un “atto unilaterale illegale” e avvertendo che è “pura illusione” pensare che Il Cairo possa ignorare i suoi interessi esistenziali. A rincarare la dose, il Ministro egiziano delle Risorse Idriche ha criticato la gestione “sconsiderata” dell’acqua da parte etiope, attribuendo ad essa persino la responsabilità delle recenti inondazioni nel vicino Sudan. L’Etiopia, forte del suo investimento da quasi 5 miliardi di dollari nella diga, respinge categoricamente tali accuse, evidenziando il profondo divario ideologico e strategico che separa i due Paesi nella gestione di una risorsa idrica di cruciale importanza.














