CARAIBI – L’America Latina e i Caraibi, pur ospitando solo l’8% della popolazione globale, registrano un allarmante 29% di tutti gli omicidi annuali. Questa elevatissima violenza omicida, come evidenziato dal rapporto UNODC, è alimentata dal narcotraffico, dalla crescente frammentazione delle bande e da un facile accesso alle armi da fuoco. Nel 2021, ben otto dei dieci paesi con il più alto tasso di omicidi a livello mondiale si trovavano in quest’area. Le dinamiche di controllo sui mercati illegali, unite a una profonda disuguaglianza sociale e a stati di diritto deboli, sono i principali fattori scatenanti. La risposta di alcuni governi, come gli “stati di emergenza” con l’impiego dei militari (ad esempio nel drammatico caso di Haiti), riflette la gravità della crisi di sicurezza che attanaglia la regione.
La rotta strategica del narcotraffico: il ritorno dei Caraibi
Storicamente cruciale negli anni ’80, la rotta della cocaina attraverso il Mar dei Caraibi sta vivendo una preoccupante recrudescenza dal 2010. Dopo un periodo in cui il traffico si era spostato verso l’America Centrale, oggi circa il 24% del movimento di cocaina nell’emisfero occidentale passa nuovamente per questa via marittima. Paesi come Repubblica Dominicana, Haiti, Giamaica e Caraibi olandesi sono punti di transito strategici. Questo traffico, che sfrutta container commerciali, imbarcazioni veloci e corrieri umani, è facilitato dalla vastità delle coste difficili da pattugliare e, in modo critico, dalla diffusa corruzione. Il ritorno della rotta caraibica intensifica la lotta tra gruppi criminali, esacerbando l’instabilità e la violenza in tutta l’area.














