EUROPA – L’attuale linguaggio sul cambiamento climatico adottato da enti autorevoli come il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) sta sollevando preoccupazioni per il suo impatto sulla percezione pubblica e sulla diffusione della disinformazione. Un recente studio dell’Università dell’Essex, pubblicato su Nature Climate Change, ha intervistato oltre 4.000 residenti nel Regno Unito, rivelando un effetto inatteso: la formulazione specifica usata dall’IPCC, che ha il compito di fornire valutazioni scientifiche neutrali ai decisori, potrebbe involontariamente erodere la fiducia del pubblico nella scienza. Terminologie come “improbabile” o “la probabilità è bassa”, utilizzate per descrivere eventi con meno del 33% di possibilità di verificarsi – come un innalzamento del livello del mare di grande entità – tendono a confondere i cittadini.
ONU: previsioni estreme e scienziati “divisi”
La ricerca evidenzia come questa comunicazione, pensata per essere precisa scientificamente, venga interpretata dal pubblico in modo controproducente. I termini tecnici e probabilistici portano infatti le persone a percepire gli scienziati come “divisi” sull’argomento o a considerare le previsioni climatiche come “estreme o poco plausibili”. Questa errata interpretazione facilita la diffusione della misinformazione e mina la credibilità delle valutazioni sui rischi climatici. L’obiettivo dell’IPCC è offrire chiarezza, ma l’impatto del suo vocabolario sulla percezione pubblica del cambiamento climatico suggerisce la necessità di riconsiderare l’approccio comunicativo per garantire che la scienza sia compresa correttamente, rafforzando la fiducia anziché alimentando lo scetticismo.














