EUROPA – L’Unione Europea ha dato il via libera all’entrata in vigore del Regolamento 2024/900 (dal 10 ottobre 2025), un pacchetto di norme ambiziose volte a imporre una maggiore trasparenza sulle pubblicità politiche online. L’obiettivo dichiarato è salvaguardare l’integrità dei processi elettorali e arginare il dilagare della disinformazione, in particolare quella orchestrata da attori stranieri (le operazioni Fimi). Le nuove disposizioni non toccano il contenuto degli annunci, ma ne armonizzano le modalità di divulgazione: gli inserzionisti dovranno ora indicare chiaramente chi paga per il messaggio, l’importo speso e se vengono utilizzate tecniche di targeting specifiche in relazione a un processo elettorale o legislativo. L’eurodeputato liberale Sandro Gozi, relatore capo del provvedimento, lo definisce senza mezzi termini come la “risposta europea allo scandalo Cambridge Analytica“, sostenendo che l’UE sta costruendo un sistema “solido per impedire che abusi simili si ripetano“. Nonostante le buone intenzioni, però, l’applicazione delle nuove regole sta già generando forti tensioni e critiche.
Disaccordo sulle norme che dovrebbero tutelare i processi democratici UE
La reazione dei diretti interessati, in particolare dei giganti del digitale come Google, Meta e Microsoft, è stata drastica e ha fatto temere un inaridimento del dibattito pubblico. Le piattaforme, infatti, non vedono di buon occhio l’onere di conformarsi a tali direttive e starebbero valutando l’opzione di abbandonare completamente il business delle pubblicità politiche all’interno della giurisdizione a dodici stelle pur di evitarle. Anche gli attori politici, sebbene per motivazioni differenti, esprimono preoccupazione, temendo che la complessa burocrazia e le limitazioni possano soffocare la capacità di raggiungere gli elettori. Il braccio di ferro tra Bruxelles e la Silicon Valley è appena iniziato, e l’attuazione effettiva del regolamento, con le linee guida pubblicate dall’esecutivo comunitario, sarà oggetto di un’accesa discussione in sede di commissione Mercato interno. La posta in gioco è alta: la trasparenza del dibattito politico contro la libertà di manovra dei colossi tecnologici e la vitalità delle campagne elettorali.