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Politica agricola europea: semplificazione e maggiori flessibilità ambientali

EUROPA – Il Parlamento europeo ha approvato l’8 ottobre le sue richieste per la semplificazione della Politica Agricola Comune (PAC), in un voto che ha visto prevalere il peso dei partiti di destra e centro-destra. L’Eurocamera, con 492 voti favorevoli (contro i Verdi e la Sinistra), spinge per maggiore flessibilità sul rispetto degli standard ambientali da parte delle aziende agricole. Gli eurodeputati propongono di esentare dalle regole ecologiche non solo le aziende totalmente biologiche, ma anche quelle parzialmente certificate, quelle situate in aree di conservazione speciale e le piccole aziende con meno di 50 ettari. Questa mossa, vista da alcuni come un “attacco” alle ambizioni climatiche dell’UE, mira però anche a ridurre gli oneri amministrativi e a fornire maggiore sostegno ai piccoli e medi agricoltori. In questa direzione, si suggerisce di abbassare la soglia di perdita di reddito/produzione per accedere ai fondi nazionali (dal 20% al 15%) e di aumentare i massimali per il sostegno annuale ai piccoli agricoltori (fino a €5.000) e per lo sviluppo aziendale (fino a €75.000), offrendo regole più semplici e maggiore prevedibilità ai quasi nove milioni di agricoltori dell’UE.

Stop al Veggie Burger

Parallelamente alla semplificazione della PAC, l’emiciclo di Strasburgo ha segnato un punto fermo nella modifica del regolamento sull’Organizzazione Comune dei Mercati agricoli (OMC), bocciando di fatto i “veggie burger” e le altre denominazioni a base di carne per prodotti alternativi. È passato l’emendamento che vieta l’utilizzo di termini come “bistecca”, “burger“, “salsiccia” o “filetto” per descrivere alimenti a base vegetale. Questa decisione, supportata dalle forze conservatrici che contrastano l’“ideologia woke” nell’agricoltura, è stata promossa per tutelare i prodotti della filiera zootecnica e per garantire chiarezza ai consumatori sulle differenze tra prodotti di origine animale e vegetale. Sebbene il testo sulla PAC sia stato quasi unanimemente accolto come un passo verso l’alleggerimento burocratico per gli agricoltori, il divieto sui nomi della carne per i sostituti vegetali rappresenta una netta presa di posizione a favore del settore tradizionale agricolo e un freno alle tendenze del mercato plant-based.

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