SVIZZERA – La Svizzera, forte della sua storica neutralità, si prepara ad assumere la Presidenza dell’OSCE nel 2026, un momento cruciale che solleva interrogativi sulla reale efficacia dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Nata sulle ceneri della CSCE (1975) e rafforzata dopo la Caduta del Muro di Berlino con la Carta di Parigi (1990), l’OSCE è la più grande piattaforma regionale di sicurezza al mondo, riunendo 57 Stati tra Europa, Nord America e Asia centrale. Il suo funzionamento si basa sul principio del consenso, considerato contemporaneamente la sua maggiore forza e debolezza, specialmente di fronte a crisi geopolitiche come l’invasione russa dell’Ucraina. La presidenza svizzera del 2026, quindi, si trova di fronte all’arduo compito di rilanciare il dialogo internazionale e la cooperazione in un contesto di rinnovata contrapposizione tra blocchi.
Il ruolo critico dell’OSCE nell’era post-Ucraina
Nonostante le sfide, l’OSCE mantiene un ruolo operativo fondamentale attraverso le sue missioni sul campo. Gran parte delle risorse è dedicata alla prevenzione e risoluzione dei conflitti in aree calde come l’Europa sudorientale, l’Ucraina, il Caucaso meridionale e l’Asia centrale (ad esempio in Transnistria o Nagorno-Karabakh). Con istituzioni chiave come l’ODIHR per i diritti umani e il Rappresentante per la libertà dei media, l’organizzazione continua a difendere i principi fondamentali di sovranità, confini e democrazia, come promesso dalla sua fondazione durante la Guerra Fredda. La presidenza Svizzera del 2026 è attesa, anche dalla Russia, per dimostrare se e come questa architettura di sicurezza paneuropea possa ancora agire efficacemente come strumento di mediazione e stabilità nel XXI secolo.














 
                                    





