STILE – Un altro gigante del Made in Italy finisce nel mirino della Procura di Milano: Tod’s, il prestigioso marchio di calzature della famiglia Della Valle, è indagato per aver agevolato sfruttamento lavorativo lungo la propria filiera produttiva. Dopo casi eclatanti come Armani, Alviero Martini e Loro Piana, si ripropone lo stesso problema sistemico che colpisce le eccellenze del lusso. L’accusa non è solo legale, ma solleva interrogativi sulla miopia dei vertici aziendali e sulla loro sottovalutazione del rischio reputazionale. Gli esperti sottolineano come questo tipo di negligenze, anche se non dolose, distruggano valore per le aziende. Il vero problema non è il singolo caso giudiziario, ma l’incapacità del top management di applicare buone prassi di prevenzione e mitigazione del rischio. L’immagine e la reputazione del marchio di alta gamma sono ora gravemente compromesse, con un danno che per l’intero settore potrebbe essere incalcolabile.
La responsabilità estesa e danno d’immagine
L’ennesimo scandalo solleva un allarme cruciale che va oltre la sfera giudiziaria. Mentre Tod’s lamenta di non essere stata interpellata preventivamente dalla Procura, la questione centrale resta il danno reputazionale. Tali vicende, ormai “di moda” nel settore, sono quasi sempre anticipabili, mitigabili ed evitabili. Secondo gli analisti, la continua emersione di casi di caporalato in marchi di lusso italiano indica una profonda sottostima del problema da parte di imprenditori e azionisti proprietari. La responsabilità, però, deve coinvolgere anche i piccoli investitori e azionisti di questi grandi marchi. Essi dovrebbero uscire dal letargo e iniziare a chiedere conto ai vertici aziendali del danno economico e d’immagine causato da queste negligenze. Se il rischio reputazionale è prevedibile, il fatto che queste crisi si ripetano suggerisce una grave mancanza di responsabilità e di governance etica, lasciando i piccoli investitori a pagare il prezzo più alto.