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Aumentano le probabilità di recessione Usa e di ulteriori ribassi

ECONOMIA Aumentano le probabilità di recessione Usa e di ulteriori ribassi. Il commento di Livio Spadaro, Senior Portfolio Manager di Frame Asset Management. A Febbraio i principali indici azionari globali hanno osservato degli andamenti eterogenei. Wall Street ha virato a ribasso sulle preoccupazioni per la tenuta del ritmo della crescita economica americana, l’Europa ha invece registrato dei rialzi in scia all’ottimismo sulla possibilità di manovre fiscali espansive della Germania e più in generale dell’Eurozona con il piano di riarmo europeo. Anche la Cina ha osservato una dinamica positiva in virtù di nuovi sforzi a supporto dell’economia da parte del Governo locale e per la volontà delle aziende tech di investire nell’Intelligenza Artificiale. Al momento il focus è quindi è tornato più sull’outlook economico e meno sull’andamento dell’inflazione che è comunque tornata a salire nelle maggiori economie globali.

Stress del mercato del lavoro USA

Un indicatore che potrebbe presagire l’inizio di uno stress del mercato del lavoro USA è il tasso di disoccupazione U6 che a Febbraio ha registrato un aumento al +8% toccando il livello più alto dal 2009. Questo indicatore misura la qualità dell’utilizzo della forza lavoro poiché viene calcolato aggiungendo quella tipologia di lavoratori che per motivi economici lavora part-time o che viene impiegata in lavori in cui non contano le qualifiche dell’individuo. L’aumento di questo indicatore potrebbe presagire un aumento dell’indice di disoccupazione generale.

I mercati erano entrati nel nuovo anno con eccessivo ottimismo

Quanto sta avvenendo sui mercati riflette le ipotesi fatte nei precedenti report. I mercati erano entrati nel nuovo anno con eccessivo ottimismo sia per la crescita economica statunitense sia per gli utili aziendali americani, di converso le attese per l’Europa erano troppo depresse. Gli investitori, riguardo gli USA, sembrano ora focalizzati sulla potenziale guerra commerciale mentre badano meno all’impatto che può avere una ridotta spesa fiscale da parte dell’amministrazione americana, spesa fiscale che insieme alla crescita del mercato del lavoro sono stati tra i motori principali dell’economia a stelle e strisce. All’inizio di Febbraio, il Segretario del Tesoro USA, Scott Bessent, in un’intervista a Fox News aveva dichiarato che la sua amministrazione non vuole pressare la Federal Reserve per ridurre i tassi di interesse, piuttosto è focalizzata sull’abbassare i livelli dei rendimenti della parte lunga della curva. Per fare questo, Bessent ha menzionato che il Governo intende aumentare la deregolamentazione, implementare la riforma fiscale e diminuire i prezzi dell’energia (delle 3 al momento si sta materializzando l’ultima, il prezzo del Petrolio WTI è a quasi -17% dal picco di 78$ a barile toccato a metà Gennaio). La discesa dei mercati azionari potrebbe dare l’opportunità all’amministrazione Trump di raggiungere l’obiettivo dichiarato dal Segretario del Tesoro USA, anche perché attualmente l’inflazione non si sta muovendo nella direzione desiderata dalla Federal Reserve.

L’allocazione dei consumatori americani sul mercato azionario

L’allocazione dei consumatori americani sul mercato azionario alla fine del 2024 era del 64%, una percentuale più alta di quella intravista nel periodo della bolla Dot.com (pari al 58%). Nei precedenti report si era menzionato che l’economia americana si trova in una “income dominance”, cioè i consumi americani, vero motore dell’economia, sono particolarmente dipendenti dal mercato finanziario. Questo significa che una correzione del mercato azionario ridurrebbe i consumi americani rallentando la crescita economica e alimentando anche pressioni disinflazionistiche. Le condizioni finanziarie, come visto in precedenza, si sono inasprite diminuendo di conseguenza le aspettative di crescita del PIL americano che finora erano piuttosto ottimistiche. Il modello di crescita del PIL della Fed di Atlanta oggi indica una contrazione del PIL per il primo trimestre piuttosto sensibile. I mercati temono quindi l’entrata in uno scenario di stagflazione per l’economia americana dato che l’inflazione sta continuando a mostrare segni di resilienza. Difatti, le probabilità di recessione estrapolate dalla curva dei rendimenti del Treasury sono aumentate al 23% stabilizzandosi su quel livello percentuale, simile a quello elaborato da Goldman Sachs e dal consenso generale. PIL ed EPS delle aziende hanno una forte correlazione, già prima dell’avvento di Trump un approccio di investimento conservativo era piu’ appropriato in quanto le valutazioni azionarie erano elevate cosi come le aspettative per gli utili, un rallentamento della crescita economica ha un sensibile impatto sugli utili delle aziende. Valutazioni azionarie che nonostante la correzione restano alte, sia per lo S&P500 e sia per il Dax che scambiano su valori significativamente al di sopra del valore mediano degli ultimi 20 anni.

Le valutazioni particolarmente elevate per alcuni indici implicano delle correzioni più profonde

La particolarità del Trump 2.0 è che l’amministrazione americana non è molto focalizzata sull’andamento del mercato ma è piuttosto decisa a proseguire il mix di politiche che inevitabilmente nel breve termine hanno un impatto negativo (restrizione all’immigrazione, taglio della spesa federale, aumento dei dazi). La Federal Reserve tipicamente darebbe un qualche tipo di segnale di supporto considerando il restringimento fiscale prospettato ma per il momento sembra che anche la banca centrale non abbia particolare fretta di agire (Powell ha dichiarato recentemente che l’economia sta bene e che non c’è bisogno di fare qualcosa). E’ probabile che la Federal Reserve agirà quando la debolezza dell’economia sarà piu’ evidente, l’amministrazione farà lo stesso nell’aggiustare il tiro della politica fiscale. La notizia positiva è che non si è in una fase di recessione, l’economia USA è ancora solida ed anche a livello globale a Febbraio si è registrato il maggiore incremento dell’output manifatturiero in 8 mesi con segnali di stabilizzazione in zona espansiva. La notizia negativa è che i mercati non hanno ancora totalmente prezzato una politica fiscale restrittiva e una Federal Reserve meno accomodante, il che significa maggiori correzioni di mercato all’orizzonte. 

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