SVIZZERA – La pensione anticipata rappresenta oggi uno dei più evidenti specchi delle disuguaglianze sociali nel mondo del lavoro. Mentre quasi uno svizzero su due riesce a smettere di lavorare prima dei 65 anni, dietro questo dato apparentemente positivo si celano realtà profondamente diverse. Da un lato troviamo dirigenti e professionisti che, grazie a solidi fondi pensione complementari e cospicui risparmi personali, possono permettersi di anticipare il ritiro dal lavoro trasformandolo in un periodo di svago e autorealizzazione. Dall’altro lato, una fascia crescente di lavoratori si vede costretta al pensionamento anticipato per motivi di salute o ristrutturazioni aziendali, dovendo poi affrontare una vecchiaia con redditi insufficienti e spesso ricorrendo alle prestazioni complementari per sopravvivere.
Sistema pensionistico: quando la meritocrazia diventa esclusione
Il sistema pensionistico attuale premia inequivocabilmente chi ha avuto la fortuna di costruire una carriera lineare e ben retribuita, penalizzando invece chi ha affrontato interruzioni lavorative, divorzi, malattie o semplicemente salari più bassi. Il “pensionato ideale” descritto dagli esperti – persona con formazione superiore, carriera continuativa, reddito elevato e vita privata stabile – rappresenta una minoranza privilegiata che può trasformare la pensione anticipata in un lusso. Per tutti gli altri, il prepensionamento rischia di diventare una trappola di povertà, aggravando ulteriormente le disparità sociali esistenti. Questa situazione richiede una riflessione urgente sul modello di welfare contemporaneo, che dovrebbe garantire dignità economica a tutti i cittadini indipendentemente dalla tipologia di percorso lavorativo seguito durante la vita attiva.














