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Mobilità Militare: sette anni persi per l’Europa

EUROPA – Nel 2018, mentre le tensioni geopolitiche con la Russia si intensificavano a seguito dell’annessione della Crimea e dell’inizio del conflitto in Ucraina, la Commissione Juncker mise sul tavolo un ambizioso piano d’azione per la mobilità militare. L’obiettivo era chiaro: superare le obsolete infrastrutture (ponti, tunnel e ferrovie) e le incongruità normative tra gli Stati membri che ostacolavano il rapido spostamento di truppe e mezzi militari attraverso l’Unione Europea. Juncker, con la sua visione di un’Unione della difesa entro il 2025 e il rilancio del progetto di un esercito comune europeo, intuì l’urgenza di rafforzare la capacità di risposta dell’Europa alle mutate sfide globali. Il piano mirava a definire le esigenze infrastrutturali essenziali e a identificare segmenti della rete TEN-T (reti transeuropee di trasporto) per un uso a duplice scopo, sia civile che militare, un’iniziativa fondamentale per un’Europa più integrata e resiliente.

Truppe e mezzi militari in Europea

Purtroppo, nonostante la lungimiranza del piano del 2018, i progressi sono stati minimi. Oggi, uno studio del Parlamento europeo conferma che le stesse problematiche identificate dalla Commissione Juncker – infrastrutture inadeguate e normative incoerenti – continuano a rappresentare un grave ostacolo alla mobilità militare. La mancanza di azioni concrete in questi sette anni ha lasciato l’UE vulnerabile, con una capacità limitata di muovere rapidamente le proprie forze in caso di necessità. Questo ritardo evidenzia una chiara perdita di tempo prezioso, considerando il contesto geopolitico attuale che rende la mobilità militare più cruciale che mai. È imperativo che l’Europa si scuota e affronti con decisione queste sfide, trasformando le raccomandazioni in azioni concrete per garantire la propria sicurezza e quella dei suoi cittadini.

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