IMPRESA – La Nigeria, il gigante petrolifero africano in perenne lotta con i problemi di bilancio, sta preparando una riforma radicale destinata a scuotere il settore energetico più di quanto abbia fatto il Petroleum Industry Act del 2021. L’idea chiave è un drastico trasferimento di potere: l’autorità decisiva sulla gestione dei contratti petroliferi verrebbe sottratta alla compagnia statale, la Nigerian National Petroleum Company, per essere interamente affidata all’organo di regolamentazione, la Nigeria Upstream Petroleum Regulatory Commission. L’obiettivo dichiarato di questa manovra è chiudere le falle statutarie e le “detrazioni opache” che da decenni prosciugano le casse dello Stato, rappresentando un disperato tentativo di fermare l’emorragia di denaro e aumentare la trasparenza in un ambito storicamente afflitto da corruzione e mancanza di fiducia. I legislatori sperano così di ripulire i flussi di entrate, rimpinguando un bilancio statale che ha un disperato bisogno di liquidità e segnando una netta separazione tra l’operatore commerciale e l’arbitro regolatore. Questa strategia è vista come l’unica via per massimizzare le entrate petrolifere in un momento di grande difficoltà finanziaria per Abuja. La posta in gioco è altissima, trasformando questa proposta in un segnale della disperazione del governo, che cerca di ottimizzare ogni singola goccia di profitto.
In Nigeria
Tuttavia, l’ambiziosa mossa, pur lodevole negli intenti, solleva seri dubbi e rischi che potrebbero trasformare il tentativo di soluzione in un problema ancora maggiore, potenzialmente spaventando gli investitori internazionali. Il pericolo principale è un mastodontico conflitto di interessi: se la NUPRC dovesse assumere il controllo dei contratti pur mantenendo il suo ruolo di vigilanza, finirebbe per essere contemporaneamente “giudice e giurato” sugli stessi accordi che è chiamata a regolare. L’ente di controllo, che dovrebbe garantire solo la supervisione, diventerebbe di fatto un organo di gestione, minando l’indipendenza e la trasparenza promesse. A questo si aggiunge la possibilità di battaglie legali con i partner stranieri, che difficilmente accetterebbero modifiche unilaterali ai termini contrattuali precedentemente negoziati. Il settore petrolifero nigeriano è già fragile, con la produzione azzoppata da furti, sabotaggi e una cronica mancanza di investimenti che hanno causato una produzione ben al di sotto della quota OPEC, con conseguente perdita di preziose entrate. La Nigeria non può permettersi ulteriori incertezze o l’allontanamento dei capitali necessari per modernizzare le infrastrutture. Il successo di questa riforma dipenderà esclusivamente da quanta reale indipendenza e trasparenza il governo sarà disposto a garantire al suo nuovo “super-regolatore” per evitare di spostare semplicemente l’opacità da un’istituzione all’altra.