EUROPA – Per mesi, il Nord Stream è stato il simbolo perfetto del “ricatto energetico russo”: un gasdotto sottomarino lungo 1.222 km, capace di trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia alla Germania. Poi, il 26 settembre 2022, le esplosioni vicino all’isola danese di Bornholm hanno fatto saltare tutto: condotte distrutte, forniture interrotte, accuse a Mosca. Ma il copione ha preso una piega diversa. Secondo le autorità tedesche, dietro il sabotaggio ci sarebbe un gruppo filo-ucraino. E ora, con l’arresto in Italia di Serhii K., sospettato di essere uno dei coordinatori dell’operazione, il thriller energetico si tinge di giallo romagnolo. Lo yacht usato per piazzare gli esplosivi era partito da Rostock (Germania del nord), noleggiato con documenti falsi. L’UE, che inizialmente aveva puntato il dito contro il Cremlino, ora si ritrova a rivedere la sceneggiatura. E l’Italia, con l’arresto a Rimini, entra nel cast principale dell’intrigo internazionale. Il Nord Stream, già bloccato dal governo tedesco dopo l’invasione dell’Ucraina, era diventato il nervo scoperto dell’Europa. Ora, con nuovi sospetti e vecchie tensioni, resta il simbolo di una guerra che si combatte anche sott’acqua.