ANALISI DEI MERCATI: COSA POTREBBE ANDARE STORTO
di Fabrizio Quirighetti di DECALIA.
MERCATI – Cosa potrebbe andare storto? In vista delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, a cui ormai mancano sole due settimane, gli ultimi dati economici statunitensi continuano a soddisfare gli investitori azionari, mentre il Cagliari Calcio mantiene il suo slancio positivo con la prima vittoria casalinga della stagione (3-2 contro il Torino). Come per le elezioni statunitensi, la corsa per la permanenza in Serie A sarà serrata fino alla fine, ma sembra che ora ci sia un’inversione di tendenza favorevole sia per il Cagliari Calcio che per Donald Trump. Nel frattempo, i rassicuranti dati economici degli Stati Uniti, un Indice dei Prezzi al Consumo statunitense leggermente superiore alle attese e, in particolare, le crescenti probabilità di una vittoria di Trump e di una vittoria dei Repubblicani hanno portato anche a un rafforzamento del dollaro, spread creditizi più stretti, ottime performance delle banche statunitensi (favorite anche dai buoni risultati degli utili del terzo trimestre) e rendimenti più elevati sui titoli del Tesoro USA. In altre parole, il Trump trade è già filtrato nei mercati finanziari. Ciliegina sulla torta, e per gentile concessione di GS, per i sostenitori della stagionalità: il rendimento mediano dello S&P500 da metà ottobre a fine anno negli anni delle elezioni è stato del +7% dal 1928.
IN EUROPA
La storia è un po’ diversa e ovviamente meno rosea in Europa, dove la crescita economica rimane moribonda, soprattutto nell’area euro con la Germania in difficoltà, ma dove i progressi della disinflazione sono più chiari e più rapidi, oltre a minori incertezze politiche rispetto agli Stati Uniti, il che dovrebbe facilitare il compito delle banche centrali del nostro continente nel processo di normalizzazione dei tassi nei prossimi mesi. In questo contesto, vale la pena notare che nel caso di una vittoria di Trump, le prospettive macro per il prossimo anno potrebbero diventare piuttosto confuse, poiché potrebbero esserci impatti significativi sulle traiettorie di crescita e inflazione del 2025, sia negli Stati Uniti che al di fuori, a seconda delle tariffe commerciali che imporrà (quante? A quali paesi, settori?).
IN MEZZO ALLE INCERTEZZE
In mezzo a tutte queste incertezze che ci attendono (politica statunitense, prospettive macroeconomiche, traiettorie dei tassi e punto terminale, geopolitica) e ad alcune differenze o divergenze tra le principali economie, se c’è una certezza comune, è che i deficit pubblici e il debito pubblico continueranno probabilmente a crescere nel prossimo futuro. Secondo gli analisti di Deutsche Bank, qualunque sia la configurazione politica che avremo alla Casa Bianca, il deficit degli Stati Uniti sarà compreso tra circa il 7 e il 9% dal 2026 al 2028… Per non parlare di alcuni rischi aggiuntivi di onere del debito strutturale associati all’invecchiamento della popolazione, alla decarbonizzazione (o semplicemente alla gestione dei crescenti disastri naturali) e a una maggiore spesa per la difesa. Tutto questo spiega perché l’oro continua la sua marcia al rialzo, raggiungendo (di nuovo), a mio avviso, un nuovo massimo storico sopra i 2.700 $ la scorsa settimana, mentre continuo a dubitare delle caratteristiche intrinseche di bene rifugio dei titoli di Stato in questo contesto.