LE SCULTURE DI ROBERTO GOBER
ARTE – Roberto Gober, artista visivo americano che gioca con la nozione di oggetti quotidiani. A volte inquietanti, le sue sculture deviano questi oggetti abituali che ci circondano: una gamba che sporge da un muro, uno sgabello. L’artista pone il corpo al centro della sua riflessione e della sua ricerca estetica. Le sue sculture hanno la peculiarità di esplorare il confine tra finzione e realtà, in cui l’arte gioca il ruolo di messaggero per rendere pubbliche le voci di chi protesta e combatte cause importanti per l’intera comunità. Secondo l’artista, l’arte deve far parlare e per fare ciò deve rimanere impressa nella mente dello spettatore, ecco perché si focalizza su surrealismo e spirituale. La sua cura maniacale per i dettagli infonde a oggetti comuni una insolita gravità, dando a chi osserva un senso di estraniamento dalla realtà e di angoscia. Queste sensazioni sono accompagnate da una forte volontà di approfondire la conoscenza di questi oggetti per comprendere ciò che l’artista vuole rivelarci attraverso di essi.
GLI OGGETTI DOMESTICI
Il lavoro di Gober è spesso legato a oggetti domestici e familiari come lavandini, porte e gambe, e ha temi di natura, sessualità, religione e politica. Le sculture sono meticolosamente realizzate a mano, anche quando sembrano solo una ricreazione di un comune lavandino. Sebbene sia più noto per le sue sculture, ha anche realizzato fotografie, stampe, disegni e ha curato mostre. Nel 1982-83, Gober creò Slides of a Changing Painting, composto da 89 immagini di dipinti realizzati su un piccolo pezzo di compensato nel suo studio nell’East Village; realizzò una diapositiva di ogni motivo, quindi raschiò via la vernice e ricominciò. Una delle sue serie più note di oltre 50 lavandini sempre più eccentrici realizzati in gesso, legno, rete metallica e rivestiti con strati di smalto semilucido fu prodotta a metà degli anni ’80. Nel 1989, Gober iniziò a fondere la cera d’api in sculture di gambe maschili, completate non solo con scarpe e gambe di pantaloni, ma anche con capelli umani che venivano inseriti nella cera d’api.