LO SCULTORE JAUME PLENSA
ARTE – Lo scultore spagnolo contemporaneo Jaume Plensa è esposto in molti musei internazionali. Vincitore di prestigiosi premi come il Velazquez Prize, Plensa insegna anche alla Beaux-Arts di Parigi e alla Chicago School of Art. Gran parte del suo lavoro si traduce in sculture nello spazio pubblico, volti umani e sagome molto grandi, tutti in trasparenza e ritagli. Rappresentare una cultura attraverso il suo alfabeto: quale mezzo migliore per appropriarsi dei suoi contenuti e dare voce alla sua essenza? Lo scultore spagnolo Jaume Plensa, figlio di un appassionato bibliofilo ed egli stesso intimamente nutrito fin dall’adolescenza di testi letterari da Shakespeare a William Blake, fino a William Faulkner o Elias Canetti, introduce da tempo nella sua ricerca plastica segni scritturali, plasmandoli nel metallo e componendoli nelle sue opere fino a costruire forme, fra le quali spiccano spesso figure antropomorfe come metafora del luogo fisico dove conoscenza e pensiero creativo si incontrano: l’uomo e la sua mente.
LE FIGURE
Emblematico a questo proposito l’incipit della mostra “Secret Garden”, tenutasi a Chicago, segnato dall’opera Julia’s Words: un volto di donna con il dito della mano alzato, appoggiato alle labbra, come esplicito invito al silenzio. Questa e altre opere dell’artista sono state esposte infatti alla Gray Warehouse e alla Richard Gray Gallery Hancock, in una spettacolare duplice kermesse: la prima, intitolata appunto “Secret Garden”, composta da un nucleo centrale di sculture fuse per la prima volta in acciaio inox, ovvero teste dall’onirica patina opaca, ma irrorata di luce, e da altre in legno, bronzo e alabastro, più un nutrito corpus di opere su carta; la seconda, “One Thought fills Immensity”, un’antologica di opere più o meno recenti, dal 1989 al 2002. Fuori, al Millennium Park, continua intanto a stagliarsi la monumentale “Crown Fountain” creata da Plensa nel 2004, un mix di teatralità e tecnologia, da cui l’elaborazione delle sue monumentali teste prese slancio e che oggi testimonia il profondo legame che l’artista spagnolo ha instaurato con la metropoli statunitense.