LUGANO – Mercati, il punto di Michele De Michelis: alea iacta est, si entra in una fase oscura, proteggiamo i portafogli. Il commento di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management. Mi accingo a scrivere il mio solito approfondimento mensile in un momento di enorme incertezza sui mercati finanziari. Chi ha seguito i miei precedenti scritti, sa che avevo più volte dichiarato che avremmo dovuto aspettare le decisioni definitive del Presidente americano per prendere posizioni importanti di asset allocation, ritenendo il contesto estremamente vulnerabile a causa degli elevati multipli degli indici azionari americani e dei potenziali impatti causati dai dazi. Nonostante ciò, non avrei mai pensato di assistere a quanto successo negli ultimi dodici giorni. Proviamo a ripercorrere quanto accaduto per provare a trovare, se esiste, una spiegazione.
Trump ha dichiarato guerra commerciale a tutto il mondo
Nella giornata del due aprile Donald Trump ha dichiarato guerra commerciale a tutto il mondo, applicando dazi sulle merci importate dai vari Paesi basandosi sul mero calcolo del deficit commerciale che gli Stati Uniti presentano con le varie nazioni, senza analizzare altro. Il mercato azionario ha risposto in maniera molto negativa, affondando di quasi undici punti nelle giornate di giovedì e venerdì tre e quattro aprile. Durante il week end, tutti aspettavano una mossa o per lo meno una qualche dichiarazione da parte del governo a stelle e strisce, che non é arrivata. La conseguenza è stata un’apertura in gap lunedì con l’indice future Standard & Poor’s che si avvicinava pericolosamente alla soglia dei 4800 punti, che dal punto di vista tecnico è una resistenza molto importante, una sorta di “linea Maginot”. In pratica, la correzione si trasformava in meno di tre giorni in un vero e proprio “bear market” avendo oltrepassato la soglia del 20 % dai massimi. Ma il vero bagno di sangue lo si vedeva sul Nasdaq 100, con le magnifiche sette letteralmente massacrate sul pre-market. La giornata in Europa proseguiva in maniera estremamente negativa in attesa dell’apertura di New York, quando “out of the blue” comincia a circolare sugli schermi la notizia che le tariffe verranno sospese per novanta giorni. In pochi minuti il mercato passa da meno cinque a più cinque con grandi volumi, fino a quando, neanche fossimo al cinema a vedere un thriller, ecco il colpo di scena: la notizia è fake e gli indici tornano giù in maniera repentina, seppur lontani dai minimi registrati in giornata.
Giorni di volatilità
Il giorno successivo la volatilità continua a farla da padrona con il Vix che torna ai livelli toccati durante l’inizio della pandemia Covid fino a quando mercoledì nove aprile a mercati aperti Trump dichiara (questa volta sul serio) di sospendere le tariffe per tre mesi a tutti gli Stati ad esclusione della Cina che invece si vede alzare l’aliquota fino al 125%. Reazione immediata e spettacolare dell’SP 500 che strappa al rialzo di quasi il dieci per cento e il Nasdaq addirittura del dodici. Purtroppo la risposta dei cinesi non si fa attendere e si abbatte come una mannaia sul mercato obbligazionario, dove si assiste allo scarico di decine di miliardi di titoli di Stato americani facendo risalire il tasso del decennale di oltre 70 punti base ( dal 3.87al 4.59 in poco più di due giorni) con il dollaro in caduta verticale. Sembra quasi di assistere ad un incontro di boxe tra due pugili che si aggiudicano un round a testa, tuttavia il governo di XI Ping ha colpito proprio nel punto più sensibile di Trump, ovvero il tasso di interesse del debito pubblico USA.
“Alea iacta est”
Il dado é tratto, il Rubicone è stato attraversato e adesso bisogna fare molta attenzione. Tutti conoscono le promesse che “the Donald” ha fatto al suo elettorato e il suo obiettivo di riportare la produzione industriale negli Stati Uniti e per certi versi in certe situazioni i dazi all’importazione potrebbero anche trovare una giustificazione, ma non con queste modalità e con questa comunicazione. Il rischio di questo modo di agire, secondo il noto gestore Ray Dalio, non è la recessione, ma molto peggio, addirittura superiore a quanto visto nelle crisi del passato, perché il deficit americano è molto elevato e quest’anno scadono diversi triliardi di debito pubblico. Cosa accadrebbe se alle aste dei T bond americani non si presentassero più gli investitori internazionali per rappresaglia? Se vogliamo essere ottimisti sul futuro, lo scenario benevolo prevede una trattativa fatta con i singoli Paesi che, a fronte di un abbassamento delle tariffe, si impegnano a sottoscrivere il debito a lungo termine e a tassi contenuti. In quel caso i danni al ciclo potrebbero non risultare eccessivi. Se invece ci dovesse essere un’escalation, gli esiti potrebbero essere talmente nefasti che non si possono azzardare ipotesi. Noi per il momento rimaniamo molto liquidi, con portafogli sottopesati rispetto ai benchmark. Pronti tuttavia, come insegna l’oracolo di Omaha, ad accumulare, se il mercato dovesse continuare la sua discesa, aggiungendo un 5% ad ogni ribasso di pari entità.