MERCATI: TASSI IN AUMENTO E BUYBACK
di Alessio Garzone – Gamma Capital Markets
MALTA – Mercati: tassi in aumento e Buyback. L’analisi del recente rialzo dei rendimenti obbligazionari e del suo impatto sui mercati azionari richiede un’attenta considerazione delle forze economiche, monetarie e politiche che ne stanno guidando l’andamento. L’attuale contesto è caratterizzato da rendimenti dei Treasury in crescita, un fattore che ha iniziato a esercitare una pressione significativa sul mercato azionario. Questa dinamica, raramente osservata durante i cicli di taglio dei tassi, evoca somiglianze con il 1995, quando la Federal Reserve ridusse i tassi ma i rendimenti obbligazionari aumentarono. Perché sta accadendo questo fenomeno? E, soprattutto, il rally dei tassi rappresenta una minaccia per lo slancio del mercato azionario? Analizziamo le forze in gioco e le prospettive future.
PERCHÉ I RENDIMENTI STANNO AUMENTANDO?
Forza dell’economia: crescita sostenuta e cambiamento delle aspettative. L’economia statunitense ha mostrato una resilienza sorprendente, con dati economici che superano le aspettative e alimentano una crescente fiducia tra gli investitori. A settembre, l’occupazione ha registrato l’aumento più forte degli ultimi sei mesi, con la disoccupazione in calo e una robusta crescita delle vendite al dettaglio. A tutto questo si aggiungono le stime del PIL da parte della Fed di Atlanta, che indicano una crescita del 3,3% (ultima stima 25 ottobre). Questo contesto ha trasformato le aspettative degli investitori. Se fino a pochi mesi fa prevaleva l’idea di una recessione imminente (hard landing), che si è poi evoluta in un’aspettativa di “atterraggio morbido” (soft landing), oggi la narrativa dominante sembra essere quella del “no landing”. In questo scenario, l’economia continua a crescere senza subire un significativo rallentamento. Questo cambiamento di prospettiva implica che la Fed, pur avendo rallentato l’inflazione, potrebbe riuscire a evitare una recessione, mantenendo al contempo una disoccupazione contenuta. Per Jerome Powell, ciò rappresenterebbe un risultato di politica monetaria senza precedenti. Tuttavia, una crescita economica più forte si traduce anche in una maggiore domanda di credito, contribuendo a spingere i rendimenti obbligazionari verso l’alto.
INFLAZIONE E ASPETTATIVE SUI TASSI: CICLI DI TAGLIO MENO AGGRESSIVI
Parallelamente, le aspettative di inflazione stanno contribuendo all’aumento dei rendimenti. Sebbene l’inflazione si sia attenuata rispetto ai picchi registrati nel 2022, i mercati hanno iniziato a scontare una possibile sorpresa al rialzo.Questo ha portato a una revisione delle aspettative riguardo al ciclo di tagli dei tassi della Fed. Se a settembre si ipotizzava una politica monetaria più espansiva, ora le aspettative sono cambiate: i mercati prevedono un ciclo di tagli meno profondo e più graduale. Questo aggiustamento si riflette nelle previsioni per la politica monetaria: le probabilità di un taglio di 25 punti base a novembre sono scese dal 100% al 90%, e i mercati ora stimano che il tasso di riferimento della Fed sarà del 3,5% entro la fine del 2025, contro il 2,9% previsto un mese fa. Questo significa che la Fed potrebbe mantenere tassi più elevati per un periodo prolungato, un fattore che, insieme alla crescita economica, spinge i rendimenti obbligazionari verso l’alto. L’aumento dei rendimenti riflette, dunque, l’idea che la politica monetaria della Fed sarà meno accomodante di quanto precedentemente anticipato.
SCENARIO POLITICO: IMPATTO DELLE ELEZIONI USA E DELLE POLITICHE FISCALI
Infine, il contesto politico contribuisce ulteriormente alla dinamica dei rendimenti obbligazionari. Le elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre e l’eventualità di una “vittoria schiacciante” dei repubblicani, definita dai media come “sweep red”, potrebbero portare a un aumento del debito pubblico. Questo scenario, che tutti hanno soprannominato “Trump Trade” o “Trumpflation”, implica che politiche fiscali più espansive, come tagli fiscali o maggiore spesa pubblica, potrebbero incrementare ulteriormente il deficit federale. Secondo il Committee for a Responsible Federal Budget, il piano di spesa del presidente Trump aumenterebbe il debito di 7,50 trilioni di dollari entro il 2035, rispetto ai 3,50 trilioni previsti dal piano della candidata Harris. L’aumento del debito comporterebbe una maggiore emissione di titoli del Tesoro per finanziare il deficit, esercitando pressioni al rialzo sui rendimenti a lungo termine. La Fed, per contrastare l’inflazione generata da una politica fiscale espansiva, potrebbe essere costretta a mantenere tassi di interesse più elevati. Dall’altra parte, invece, un governo diviso tra Camera e Senato potrebbe frenare l’approvazione di nuove misure fiscali, limitando così le pressioni sui rendimenti. Le attuali previsioni politiche suggeriscono che i democratici potrebbero mantenere il controllo del Senato, mentre i repubblicani potrebbero conquistare la Camera, portando a un’impasse che potrebbe contenere l’impatto sul mercato del Tesoro.